“Io, che faccio piacere ad alcuni, sfido tutti; entrambi gioia e terrore / del buono e del cattivo; io che creo e svelo l’errore…”.
(Il racconto d’inverno, IV, 1)
All’inizio della mia ricerca, quando ho cominciato a parlare ad altri di quello che stavo facendo – del fatto che Shakespeare conoscesse l’astrologia e che probabilmente ne avesse applicato gli schemi, oltre al fatto che personalmente stavo facendo certi esperimenti per stabilire la relazione ad esempio fra il proprio segno zodiacale e il linguaggio – ho percepito subito nelle persone una certa diffidenza. Mi sarei aspettato più curiosità. Ovviamente, a parte la questione prettamente shakespeariana, il resto della mia ricerca presupponeva che una persona credesse all’astrologia. Ma la cosa strana era che io stesso avevo delle remore a parlarne. Sentivo un freno persino ad usare la parola “astrologia”. Perché oggi questo termine soffre inevitabilmente del fatto di essere legato al concetto irrazionale di superstizione.
Ed è così. In realtà, gli astri, le stelle, non c’entrano nulla. Il termine, o meglio, il concetto di “astrologia” è nato nell’antichità quando era equiparato ad “astronomia”, essendo all’inizio la stessa cosa. Ma tutti gli astrologi contemporanei sanno benissimo che le stelle – cioè, quegli ammassi nell’universo che brillano di energia e che ammiriamo di notte – non c’entrano proprio nulla.
Mi spiego: nell’antichità, nell’età arcaica, quando il genere umano era davvero superstizioso, si pensava che davvero quei puntini luminosi nel cielo influenzassero non solo la nostra natura (il presente) ma anche il nostro destino (il futuro). Oggi gli astrologi contemporanei studiano in realtà gli influssi del procedere del tempo sugli esseri viventi: sugli esseri umani. È il tempo il vero oggetto di studio, anzi, il suo procedere, il suo andare avanti, il suo mutare.
Il termine “astrologia” mette insieme “Astros” e “Logos”. Quindi vuole assegnare il potere di un qualche pensiero a quelle stelle sù nel cielo. Ma le stelle non c’entrano nulla. Le stelle sono solo simboli utili, interlocutori visibili, a differenza del tempo che di per sé è invisibile. Le costellazioni sono invenzioni dell’Uomo. Le stelle non nascono legate tra loro a forma di qualcosa. L’uomo superstizioso dell’età arcaica pensava che davvero dal cielo venissero stabilite le leggi. Ma oggi sappiamo benissimo che non è così. Non è il cielo: è Il tempo con le sue leggi di natura.
Gli esseri umani non sono diversi da una pianta di ulivo o da una talpa. Il procedere del tempo influisce sulla vita della pianta di ulivo e sulla vita della talpa che ad esempio va in letargo. E così anche sull’Uomo. Il macrocosmo influisce sul microcosmo, e non solo sui suoi fattori esterni (la crescita dei capelli, ad esempio), ma anche “interni”. Oggi diremmo “psicologici”: la personalità.
Io, che appartengo a quel gruppo di persone nate alle fine di novembre che diciamo essere del segno del Sagittario, presento caratteristiche nella mia personalità che sono tali perché sono venuto alla luce in un certo periodo dell’anno nell’emisfero boreale. Da questo diverso punto di vista, più grande, questo potrebbe oggi essere un nuovo appassionante campo di studi scientifico. È chiaro che per assurgere ad un qualche “valore scientifico”, queste cose andrebbero provate. Perché scienza è tutto ciò che viene provato. La scienza nasce nel ‘600 e poi fortifica nel ‘700 il proprio carattere di manifestazione percepibile, sempre confermata e condivisibile agli occhi di tutti. Oggi l’essere umano, che è figlio dell’Illuminismo (che lo voglia o no), è portato a pensare che esista solo ciò che è provato. Tutto il resto viene gettato nel grande cestino del “mistero” più o meno interessante a seconda di chi vi si avvicina. Fintanto che non si scoprirà – e non si proverà – che anche le piante hanno una coscienza, ad esempio, continueremmo a pensare che non ce l’abbiano. In un certo senso il primo scienziato fu San Tommaso, che credette solo dopo che aveva veduto. Anzi, toccato. E per arrivare un giorno a portare sul tavolo delle prove concrete dal valore scientifico di tutto questo, bisognerebbe cominciare a fare dei veri e propri esperimenti, così come fecero i primi scienziati nel ‘600 o Freud all’inizio del ‘900 quando “inventò” la psichiatria. Esperimenti, ricerche, studi: esperimenti astrologici (uso adesso il termine solo per comodità di comprensione).
Quella che fino ad oggi si è chiamata “astrologia” dovrebbe chiamarsi da oggi qualcosa come “studio della natura umana in relazione al mutare del tempo”. E dovrebbe essere un vero studio. Non una superstizione, non una credenza popolare, non una fede. In questo senso, il libero arbitrio – così tanto difeso dai Razionalisti – non verrebbe mai meno. Perché come una malattia (che è qualcosa di naturalmente generato dal corpo in relazione a fattori esterni, ambientali) è curabile, così la personalità innata di un essere umano può essere diretta, guidata, raffinata. Si possono compensare le mancanze con l’allenamento di quelle qualità che difettano. Si possono smussare gli eccessi. Ma, allo stesso tempo, come ogni corpo è destinato a morire pur dopo tutte le cure mediche, così un essere umano è destinato a rimanere in fondo sempre sé stesso. In un certo senso un corpo cresce, matura, invecchia e muore; e un carattere, o una personalità, cresce, matura ed evolve. Poi quando il corpo fisico muore, cosa succeda alla personalità spetta alla fede o alla non-fede di ciascuno dirlo.
Il primo passo per questi nuovi studi è per necessità di cose un umile passo indietro rispetto al mondo: noi non siamo padroni del mondo e della vita; noi non siamo padroni assoluti delle capacità del nostro pensiero; non esiste solo ciò che tocco, vedo, annuso, sento, gusto; libero arbitrio non significa libertà infinita, ossia totale dominio delle situazioni e della volontà. E questo non perché c’è un Dio, o degli dèi, o un’etica o una morale. Fintanto che l’Uomo morrà, l’Uomo rimarrà una creatura limitata e dunque non onnipotente. Ma dall’accettazione dei propri limiti fisici (un corpo che muore) può nascere la curiosità appassionata veramente illimitata per i mondi che oggi sono ancora invisibili. Ancora. Non per sempre.
EP