THE NORTHMAN di R. Eggers, ovvero: “Amleto in versione vichinga”
(da un articolo su La Stampa, 11 aprile, di Fulvia Caprara)
La cosa sembra molto interessante. Anche perché – e chissà se il regista del film, Robert Eggers, questa cosa la sa – il mito amletico proviene proprio da lì, dai miti scandinavi. Come narrato nel bellissimo e complicatissimo “Mulino di Amleto – Saggio sul mito e sulla struttura del tempo” (di Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend), Amleto era – se ben ricordo – un ragazzo che viveva davanti al Mare del Nord, coste della Norvegia, e possedeva appunto un mulino. Tutto ciò accadeva prima che fosse creato il Tempo (Cronos), e cioè in un’era senza tempo, simile dunque a quello che per noi era il Paradiso Perduto prima del peccato di Adamo. Insomma, secondo la legenda nordica questo mulino ad un certo punto finisce in mare e genera un vortice così violento da spostare l’asse di rotazione della Terra, inclinandolo. Da qui, la nascita delle stagioni e, in sostanza, la nascita del Tempo, vero e proprio diavolo (o vizio) che corrompe la perfezione di tutte le cose trasformandole, mutandole, portandole da vita a morte. Leggenda complicata – come ho detto – ed affascinante.
A giudicare solo da queste prime immagini e da ciò che raccontano gli articoli di giornale, questo film sembrerebbe restituire un po’ di “naturale naturalezza” all’Amleto, cosa che ormai era andata del tutto perduta da quando, dal ‘700 (Illuminismo e dominio della ragione vi dicono qualcosa?) in poi, lo abbiamo iper-intellettualizzato facendone un eroe di sola ratio e zero istinto. Va bene, passi pure il datato Amleto di Gassman, che fa il pari con l’altrettanto datato Amleto di Olivier, nei quali il bianco e nero impacchetta tutto in una novecentesca nebbia poetica. Recentemente, invece, ho visto in tivvù l’Amleto di Peter Brook (che vidi dal vivo a teatro a fine anni 90). Allora mi parve bello, intenso. Ovviamente ero un allievo attore e la teatralità essenziale e volutamente povera di Brook era un dogma nelle nostre aule di scuola. Oggi mi è sembrato uno spettacolo del tutto sbagliato. Proprio sbagliato! Proprio per quella sua scarna forza iper-mentale, tutta concentrata, tutta tenuta dentro, energica ma controllata, trattenuta, raffinata, pulita, educatissima. No, no, no… l’Amleto non è affatto così! È movimento assoluto in tutte le direzioni possibili ed immaginabili. Tutte. E anche oltre, verso quelle inimmaginabili. È una giostra, è montagne russe, è oceano aperto. Insomma, questo Amleto vichingo sembrerebbe, data l’ambientazione, tornare alle origini seicentesche della tragedia e quindi riprendere un po’ di sana bestialità (inafferrabile), di mistero e di magia, elementi congeniti nell’opera e in tutto il pensiero shakespeariano.
E per finire. Se la mia teoria circa il rapporto fra Shakespeare e l’astrologia (astrologia come una specie di proto-psicologia del tempo) fosse vera (Il mio libro “Le 12 stelle di Shakespeare”: www.emersioni.it/prodotto/le-dodici-stelle-di-shakespeare/ L’intervista su RaiStoria: www.raiplay.it/video/2021/01/Scritto-letto-detto-Enrico-Petronio-06b7bdbc-8a57-45d6-9cda-0079e5740463.html ), è probabile che Shakespeare abbia costruito il personaggio di Amleto secondo le caratteristiche del segno dei Pesci, il segno più evoluto fra i dodici, l’ultimo sulla ruota evolutiva dello zodiaco. Segno (complicatissimo, complesso) che è una vera e propria matassa indistricabile di ragione e istinto, naturale ed autentica bestialità e raffinatissimo controllo della ragione. E poi sentimento, emotività, sogno e realismo miscelati assieme.
Insomma, questo nuovo esperimento cinematografico, THE NORTHMAN, a cavallo fra mito e drammaturgia contemporanea sembra molto interessante.
Enrico Petronio
PS:
So che a molti parrà un’ acrobatica manipolazione psico-linguistica, ma il fatto che il protagonista del film Alexander Skarsgard sia (casualmente?) del segno della Vergine è elemento ulteriormente interessante. Il segno della Vergine è opposto a quello dei Pesci; e dunque, come insegna l’autorevole astrologia contemporanea, i due segni condividono le stesse tematiche esistenziali, fornendo alle “questioni” della vita (per usare un termine amletico) soluzioni diverse ma potenzialmente complementari. Scrive Simone Morandi, ovvero il famoso Simon and the stars, nel suo libro del 2017: “ciascun segno contiene una componente importante del proprio opposto. Questo vale moltissimo per la Vergine, il segno dell’ordine, del metodo e del rigore logico. Ma basta andare di poco sotto quest’aspetto razionale per trovare lo spirito di empatia e comprensione spirituale che è proprio dei Pesci. Quella capacità di commuoversi, sentire e divenire parte della bellezza, della poesia e dell’immensità dell’universo”.
“Tutto ciò che vive deve morire, passando dalla natura all’eternità” (W. Shakespeare, Amleto, 1, II)