“È adesso il momento più stregato della notte, / quando i cimiteri sbadigliano e sbuffano fuori / contagi sul mondo. Ora potrei bere sangue caldo / e fare cose tanto violente che il giorno / tremerebbe e guardarle” (Amleto)
Quando si parla di cattivi con Shakespeare – il termine inglese è villain – quando si parla di cattivi, dicevamo, si potrebbe cominciare facendo una premessa che parla dei tempi d’oggi. Dimenticate i buoni e i cattivi. Dimenticate il Bene e il Male, quelli assoluti.
La cinematografia contemporanea, ma ancor più le tante serie tv che affollano i nuovi canali come Prime, Netflix, Infinity, ci presentano un nuovo tipo di protagonista, un nuovo tipo di eroe: l’anti-eroe. Il cattivo, per l’appunto, il villain. I buoni hanno stufato. Batman ha stufato. Di lui è già stato detto tutto. Ora la scena è tutta per Joker. Abbattuti negli anni ’90 la censura, il comune senso del pudore e il politicamente corretto – almeno sullo schermo; nella vita reale è esattamente il contrario, non si può dire più nulla senza venir linciati – , per lo show-business si sono aperti nuovi e fin’ora insondati universi, oscuri ed interessanti, moderni e accattivanti, complessi, ambigui ed intricati. Mondi, appunto, dove non è più dato distinguere nettamente il Bene dal Male. Nella visione contemporanea, più cinica e meno ingenua di quella del passato, il Male è rappresentato come qualcosa non solo di molto affascinante, ma anche come qualcosa in qualche modo di giustificato. I cattivi di oggi, a differenza di quelli di ieri, hanno tutti delle ottime ragioni per fare quel che di orrendo fanno.
Facciamo alcuni esempi di serie televisive: Breaking bad, Hannibal, Shameless, Squid game, Sons of anarchy, Orange is the new black, e poi i nostri I segugi, Goorra, Suburra… raccontano le tante storie e l’umanità di non proprio brave persone. L’elenco sarebbe veramente troppo lungo. Nulla di nuovo però sotto il sole.
Poco più di 450 anni fa, William Shakespeare aveva già rappresentato i cattivi raccontandone, meglio sarebbe dire illuminandone, le parti più oscure, ossia dando al pubblico tutti gli elementi per comprendere che il male non è mai qualcosa di assoluto, a sé stante, ma che esistono delle ragioni per le quali una persona può arrivare a compiere atti mostruosi. Insomma: la psicologia si è fatta strada dentro l’animo oscuro del villain, e ha distrutto la semplicistica divisione fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Attenzione! Il delitto è sempre delitto. Però l’essere umano è complesso, non è mai solo Batman o solo Joker. E il Joker non è nato Joker, c’è diventato, ce l’hanno fatto diventare. E tu? Sei così sicuro che non avresti fatto altrettanto?
La vittima diventa carnefice.
Questo carnefice, forte del suo passato doloroso, traumatizzato ed irrisolto, è un personaggio a 360 gradi, complesso, ricco, con mille sfaccettature, interessantissimo. E poi fa cose straordinarie che a noi comuni mortali non è concesso fare: ruba, uccide, violenta, sbrana, tortura. Fa ciò che noi altri comuni mortali sogniamo di fare (almeno una volta al giorno) senza però avere il coraggio, o la sfacciataggine, di farlo. La sua ferita è tale che gli ha fatto perdere senso del limite, pudore, morale. La maggior parte di noi – per fortuna! – è ancora imbrigliata in queste leggi. Non ci resta che andar a godere delle malefatte di qualcun altro, il nostro amato villain, davanti allo schermo di una tv o al cinema.
Jago, Macbeth, Oberon, Calibano, Cassio, Riccardo III, Angelo, Aronne, Edmund e tutti gli altri villain shakespeariani hanno tutti le loro buone ragioni per commettere i delitti che compiono. E noi li amiamo per questo. Sempre di più.
EP