Le notti dello zio Willy.

Van Gogh, Notte stellata (1889)

“Ho passato una notte tremenda,
così piena di orrende visioni, di agghiaccianti sogni,
che, da uomo di fede Cristiana,
non vorrei passare un’altra notte simile,
neanche se fosse per comprare un mondo di giorni felici,
tanto pieno di tetro terrore fu quel tempo!”

(Riccardo III, I, 4)

Se non erro, la notte per LO ZIO WILLY non è proprio sinonimo di serenità e pace. Dalla notte infestata del “Sogno” (non lasciatevi fuorviare dal fatto che sia una commedia, o meglio, che sia “ritenuta” una commedia), alla notte qui sopra citata del povero Clarence nel “Riccardo III”, o dalle scorribande folli (e malignette!) de “La dodicesima notte” fino alla notte ambigua e ingannevole (e dunque araldo di tragedia) di “Otello”, è chiaro che LO ZIO WILLY – che forse non prendeva sonniferi o Xanax o altro – non dormiva bene. Se poi andassimo a contare i fantasmi… urka!!! Il sonno, quello sì, è ben voluto e, anzi, desiderato con malinconia invidiosa e pace amputata. Forse l’unica notte decente è quella del balcone in “Romeo & Giulietta”, ma i due non è che facciano poi una bella fine. Quindi, fate vobis!

A me la notte piace. Moltissimo. Credo di diventare sempre più fotofobico. Di notte tutti dormono, nessuno rompe, mi piacciono persino le voci lontane della strada (quando non sono eccessive) e posso guardare in tv i film horror. La notte! C’è a chi piace, e a chi non piace. A me… piace.

Sleep tight.
E.

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